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di Carlo Falleni
Evidenze da diffondere e implicazioni per la pratica
- L’uso di lacrime artificiali o sostituti lacrimali è da sempre uno degli interventi primari per la riduzione dei sintomi dell’occhio secco, specialmente di quello evaporativo.
- Ma quanti optometristi e ottici sanno orientarsi nell’ampia gamma di prodotti, con principi attivi e formulazioni differenziate, adeguati alle diverse condizioni del film lacrimale e della superficie oculare?
- Oltre alla scelta della giusta lacrima poi, sono importanti le indicazioni d’uso date al paziente. Che importanza viene data dal professionista alle dosi e alle modalità di somministrazione?
- Dallo studio alcune indicazioni sulla scelta del prodotto, ma soprattutto utili informazioni sulle giuste modalità d’uso, senza le quali anche la migliore soluzione lacrimale diventa inefficace.
Le lacrime artificiali o sostituti lacrimali costituiscono una tipologia di colliri comunemente impiegati nella gestione dei sintomi di secchezza oculare, ovvero dell’occhio secco. Si tratta di una ampia gamma di prodotti con una altrettanto ampia gamma di formulazioni e ingredienti1.
Dunque, non è facile per l’optometrista e per l’ottico riuscire ad orientarsi per individuare di volta in volta il prodotto giusto tra tanti, soprattutto se non se ne conoscono le caratteristiche. All’applicatore di lenti a contatto viene spesso rivolta la domanda “qual è il miglior prodotto per i miei occhi secchi?”. A questa domanda è difficile rispondere senza informazioni definitive, basate sull’evidenza scientifica. Spesso il paziente adotta un approccio “per tentativi” nella selezione del prodotto, o perché consigliato da professionisti diversi, o su consiglio di amici o conoscenti, o per scelta propria (ad esempio ricerca su internet). In questi casi il paziente avrà un aumento dei costi, ma soprattutto è altamente probabile che provi, prima o poi, un senso di frustrazione per il problema irrisolto.
In una recente pubblicazione su Clinical Optometry, sono stati riportati i dati di una metanalisi sull’argomento.
Lacrime artificiali: una revisione sistematica
La revisione è stata condotta su studi randomizzati controllati che avessero per oggetto la comparazione dell’efficacia di lacrime artificiali in soggetti con diagnosi di occhio secco. Seguendo le indicazioni del protocollo PRISMA (2020) per la stima del grado di evidenza scientifica, sono stati identificati e analizzati 64 studi condotti nell’ultimo decennio. L’analisi ha messo a confronto molti parametri, fra cui il protocollo dello studio, il numero e l’età dei partecipanti, la durata del trattamento ed il dosaggio giornaliero, la formulazione dei prodotti, la comparazione fra segni e sintomi pre e post trattamento.
Le formulazioni a base acquosa indicate principalmente per il miglioramento della fase muco-acquosa, si sono rivelate efficaci anche nella riduzione dei sintomi associati all’occhio secco evaporativo. Ci sono poi i prodotti indicati per l’occhio secco iper-evaporativo, ovvero quelle condizioni associate ad alterazione del secreto lipidico. Hanno la forma di gocce oculari contenenti nano-emulsioni o di spray ai liposomi. Esistono anche prodotti privi di acqua il cui unico componente è un composto lipidico.
Dal punto di vista della pratica clinica il lavoro di metanalisi ha evidenziato alcuni aspetti che possono guidare il professionista nel consigliare l’utente all’uso delle lacrime artificiali.
- Nei vari studi esaminati le lacrime artificiali contenenti polietilenglicole (PEG), o acido ialuronico o carbomero, risultano particolarmente efficaci;
- Molti studi raccomandano una posologia di quattro instillazioni al giorno per ottenere il miglioramento dei sintomi, non un uso saltuario o “al bisogno”;
- È necessario prolungare la somministrazione per un lungo periodo (oltre 1 mese) per migliorare i segni della superficie oculare, oltre ai sintomi;
- Circa un terzo dei soggetti non trae beneficio dall’instillazione di lacrime artificiali. Questi soggetti sono riconoscibili non prima di un mese di trattamento.
Questi risultati possono aiutare l’applicatore a fare una prima scelta del prodotto da indicare al proprio paziente. È importante la prescrizione di un uso non saltuario ma regolare. Occorre anche informare che l’efficacia della soluzione non si può stabilire prima di un mese di instillazione quotidiana e che, se non funzionerà a sufficienza, bisognerà proseguire con una procedura per “prove ed errori”.
Nei casi di consistenti alterazioni della superficie oculare, l’uso del sostituto deve essere prolungato per almeno quattro mesi. Insomma, le scelte effettuate potranno funzionare solo se il soggetto sarà paziente e disposto a seguire le indicazioni dell’operatore. Dal canto suo l’optometrista dovrà essere in grado di spiegare al cliente qual è il razionale che sta alla base della procedura che va a proporre. Far comprendere che non procederà “a caso”; ad esempio dando in uso per il secondo mese un prodotto che si chiama diversamente ma ha in sostanza gli stessi componenti del primo, che è stato provato e che ha già mostrato la sua inefficacia.