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di Carlo Falleni
Evidenze da diffondere e implicazioni per la pratica
- Nella cura e manutenzione delle lenti a contatto alcuni comportamenti relativi alla non compliance sono stati associati ad un aumentato rischio di cheratite microbica.
- Sembra che vi sia una forte discrepanza tra il messaggio che gli optometristi trasmettono riguardo alla manutenzione delle lenti a contatto e ciò che i portatori comprendono e come si comportano.
- Per una riduzione dei rischi di eventi avversi gli applicatori devono essere più convincenti e più attenti all’aderenza dei portatori alle regole per una corretta cura e manutenzione.
- Il paziente dovrebbe essere “educato”, sia in forma verbale sia in forma scritta, nella fase iniziale e poi durante i controlli periodici.
Nonostante l’incremento delle monouso, a livello mondiale circa il 50% delle lenti ad oggi impiegate sono in forma di lenti riutilizzabili e di queste circa il 70-90% sono associate all’impiego di soluzioni per la manutenzione basate sulla presenza di disinfettanti chimici. Negli ultimi decenni tali sistemi di manutenzione hanno subito una sostanziale semplificazione, fino all’attuale formulazione delle soluzioni multipurpose (MPS), ovvero con più funzioni (pulente disinfettante, idratante, ecc), chiamate semplicemente soluzioni “uniche”. Si pensa che tutto questo abbia consentito di aumentare la compliance e quindi la sicurezza delle lenti a contatto. Ma è davvero così? E quale ruolo gioca l’applicatore professionista?
Per quanto riguarda l’efficacia disinfettante e la compatibilità con i materiali delle lenti e dei contenitori, queste sono verificate prima dell’immissione in commercio dagli enti certificatori e l’applicatore non può che affidarsi alle informazioni fornitegli dai produttori per la selezione dei prodotti.
Ma per quanto riguarda la compliance l’applicatore svolge bene il suo compito? A leggere i vari report sulle cause di eventi avversi nei portatori di lac pare di no, poiché una delle maggiori cause di infiammazione o infezione corneale e congiuntivale connesse all’uso di lac sembra essere proprio la scarsa compliance.
Per ognuno di questi passaggi ci sono indicazioni e regole che l’applicatore dovrebbe spiegare e il soggetto ricordare (vedi: “Guida al corretto utilizzo delle lenti a contatto -Avvertenze, precauzioni e rischi collegati all’uso”, Decreto Ministeriale pubblicato sulla G.U. n. 64 del 18/03/03, Art. 1 comma 3): tempi d’uso al giorno, frequenza di sostituzione delle lenti e dei contenitori, ambienti sconsigliati (es: nuoto in piscina o al mare), rimozione delle lenti in presenza di sintomi oculari inusuali (es: occhio rosso e/o lacrimoso, sensazione di corpo estraneo), igiene delle mani, impiego e tipologia dei prodotti di disinfezione. Ogni volta che il portatore adotta comportamenti non adeguati, egli corre il rischio di sviluppare complicanze che possono andare da sintomi minori di discomfort a seri eventi avversi come le infezioni oculari.
È da sottolineare che l’ottenimento di una buona compliance da parte di chi usa le lenti a contatto è responsabilità dell’applicatore che deve dedicare tempi adeguati sia alla fase di prova delle lenti, sia all’addestramento all’uso e alla spiegazione delle regole di impiego.
Ma si deve considerare anche che vi è una grande differenza fra le informazioni che l’applicatore fornisce al portatore rispetto a quelle che quest'ultimo ricorda.
A questo riguardo un recente studio ha messo a confronto i portatori di lenti a contatto con gli applicatori di una regione della Scozia.
Educazione all’igiene delle lenti a contatto: differenze tra i punti di vista del paziente e dell’optometrista.
A tutti i pazienti adulti che si presentavano alla clinica oftalmologica universitaria della regione con cheratite correlata alle lenti a contatto è stato chiesto di effettuare un sondaggio. Sono state raccolte informazioni sul tipo di lente, sul formato, se scritto o verbale, dei consigli ricevuti dai loro applicatori e sull’adesione alle istruzioni d’uso.
Agli optometristi della comunità è stato chiesto di effettuare a loro volta un sondaggio elettronico sulle loro pratiche di controllo delle lenti a contatto e sulle modalità di addestramento del portatore.
Il risultato dei due sondaggi dimostra che, sebbene la maggior parte dei pazienti fosse informata dei requisiti igienici appropriati, la compliance era scarsa. C'è una evidente discrepanza tra il ricordo del paziente e la pratica riferita dall’optometrista. Si suggerisce di dare maggiore enfasi all’educazione del paziente e di fornire le informazioni, sia verbalmente sia in forma scritta, non soltanto durante la fase iniziale ma anche durante i controlli periodici.
La letteratura recente evidenzia che è possibile ottenere una migliore compliance quando i controlli sono utilizzati dall’applicatore come occasione per verificare le regole di manutenzione insieme al portatore di lenti a contatto. Si invitano quindi gli applicatori ad esaminare in particolare la pulizia del contenitore e le modalità di lavaggio delle mani, lo sfregamento e il risciacquo delle lenti durante i controlli post-applicazione.